It is difficult to believe that tax fraud will be tackled resolutely by Jean-Claude Juncker, the current President of the European Commission, who permitted this type of practice in his own country.
Last November the International Consortium of Investigative Journalists dropped an information bombshell known as #LuxLeaks, which uncovered agreements signed by 340 international companies with the Luxembourg government in order to obtain tax concessions in that country. Specifically, these are tax arrangements designed by the consultancy PriceWaterhouseCoopers during the period when Jean-Claude Juncker, the recently elected President of the European Commission, was the Prime Minister of Luxembourg. This renowned consultancy firm was dedicated to selling a ‘formula’ that explained to companies what they should do to save as much as possible in taxes. Thanks to this formula, the 340 companies, including such well-known names as Pepsi, IKEA and Deutsche Bank, succeeded in paying an average of 2% in taxes on profits, although the nominal rate (what they are supposed to pay) in Luxembourg is 28%.
Recently we found out that McDonald’s, with a headquarters office in Luxembourg employing only 13 people, managed during the period 2009-2013 to avoid paying more than one billion euros in taxes in Europe, where it has 7,850 restaurants.
It turns out that Luxembourg is the second country in the world after the United States in terms of direct foreign investment, although it has a population of only 500,000. Surely there is something not quite right here?
Luxembourg is just one such case of organised tax evasion. We should also mention the types of tax evasion practised by firms established in the Netherlands. The race to the bottom in corporate taxation is won by Ireland. The use of SICAVs (open-ended investment companies) and ETVES (entities holding foreign securities) which have their own tax regime is clearly an offence against fairness in taxation between capital and labour.
What can we learn from all these cases?
Firstly, we have to uncover, investigate and dig out actual data on the self-serving operations of major companies and multinational corporations, and the great lack of solidarity that hides behind a global taxation system that supports and allows such selfish behaviour.
In the case of Spain, between 2007 and 2012 large companies increased their profits by 32% compared with SMEs (small and medium enterprises), but paradoxically their tax contribution has gone from 33% of total corporation tax collected to only 24%. Information such as this provides us with arguments for challenging the mantra that “we are all paying equally for the crisis”.
Secondly, when debating and approving budgets, we are told that more cannot be invested in public policies because the coffers are empty. We need to remind our leaders, both actively and passively, that if we do not have resources at this time, it is also because of a lack of political will. Cuts would be avoidable if we were to collect everything that escapes or is hidden from us. In the case of Spain, an estimated 80 billion euros is lost annually through tax fraud.
Despite this, the tax reforms recently approved by the Spanish government completely neglect the fight against tax fraud and tax evasion. Not to mention the lack of progress: the minister concerned, Cristóbal Montoro, announced that the government would be collecting 9 billion euros less than in previous years.
Thirdly and finally, we find it difficult to believe that tax fraud will be tackled resolutely by Jean-Claude Juncker, the current President of the European Commission, who permitted, even encouraged, this type of practice in his own country. Such practices are legal but clearly immoral. Thus we fear that proposals as important for tax harmonisation at European level as the Common Consolidated Corporate Tax Base (CCCTB) – which makes compulsory a unified profit calculation method for consolidated business groups that operate in various European Union countries – and the publication of country-by-country performance reports by companies, will be put on the back burner.
Faced with all this, what can we do?
There are directives such as the OECD’s BEPS (Base Erosion and Profit Shifting) project. This project includes a series of measures to prevent erosion of the tax base; in other words aggressive tax planning carried out by large companies that enables them to shift their profits to countries with zero taxation and end up paying little or no taxes. Political initiatives such as these are crucial in the fight against tax fraud and evasion.
In a recent Communication (March 2015) the European Commission called on the Council to “adopt these legislative proposals as a matter of high political priority”.
As citizens, it is up to us to call on our leaders to prioritise work on real fiscal harmonisation and the fight against tax fraud and evasion. Otherwise, Europe will continue to be victim of the very policies it seeks to implement.
(source: Europeinfos #182)
È difficile credere che la frode fiscale sarà affrontata con decisione da Jean-Claude Juncker, l’attuale presidente della Commissione europea, che ha permesso questo genere di pratica nel proprio Paese.
Lo scorso novembre, il Consorzio internazionale di giornalismo investigativo ha fatto esplodere una bomba nel mondo dell’informazione nota come #LuxLeaks, mettendo in luce accordi firmati da 340 compagnie internazionali con il governo del Lussemburgo per ottenere agevolazioni fiscali in quel Paese. In particolare si tratta di accordi fiscali definiti con la consulenza della PriceWaterhouseCoopers durante il governo di Jean-Claude Juncker, recentemente eletto presidente della Commissione europea. Questa nota agenzia di consulenza era impegnata a vendere alle compagnie una “formula” indicante che cosa fare per risparmiare il più possibile sul fronte delle tasse. Grazie a questa formula, le 340 compagnie, compresi ben noti nomi come Pepsi, Ikea e Deutsche Bank, sono riuscite a versare al fisco una media del 2% di tasse sui profitti, sebbene il tasso nominale (ciò che avrebbero dovuto pagare) in Lussemburgo fosse del 28%.
Di recente abbiamo scoperto che McDonald’s, che ha un ufficio dirigenziale in Lussemburgo in cui sono impiegate solo 13 persone, è riuscito ad evitare nel periodo 2009-2013 di pagare oltre un miliardo di euro di tasse in Europa, dove ha 7.850 ristoranti.
Il Lussemburgo è il secondo Paese al mondo dopo gli Usa in termini d’investimenti esteri diretti, sebbene abbia una popolazione di soli 500 mila abitanti. Non c’è forse qualcosa di non così corretto?
Il Lussemburgo è solo uno dei casi di evasione fiscale organizzata. Bisognerebbe citare anche quella praticata dalle aziende stabilite nei Paesi Bassi. Tuttavia la corsa al ribasso della tassazione per le imprese è vinta dall’Irlanda. L’uso delle Sicav (Società d’investimento a capitale variabile) e delle Etves (entità che detengono titoli esteri) che hanno un proprio regime fiscale è chiaramente una offesa contro l’equità fiscale tra capitale e lavoro.
Che cosa si può imparare da questi casi?
Primo, bisogna smascherare, investigare e scavare nei dati reali identificando operazioni a proprio vantaggio compiute dalle maggiori compagnie e multinazionali e la grande mancanza di solidarietà che si nasconde dietro un sistema fiscale globale che sostiene e permette un tale comportamento egoista.
Nel caso della Spagna, tra il 2007 e il 2012 le grandi compagnie hanno avuto un incremento del profitto pari al 32% in rapporto alle piccolo e medie imprese, ma paradossalmente il loro contributo fiscal è passato dal 33% del totale del gettito fiscale delle imprese al 24%. Un simile tipo d’informazioni offre argomenti per mettere in dubbio il mantra che “tutti stiamo pagando allo stesso modo I costi della crisi”.
In secondo luogo, quando si discutono e approvano bilanci, ci viene detto che non si può investire di più nelle politiche pubbliche perché i forzieri sono vuoti. Dobbiamo ricordare ai nostri leader che se non abbiamo risorse adesso è anche per mancanza di volontà politica. Si potrebbero evitare i tagli se raccogliessimo tutto ciò che sfugge o è nascosto. Nel caso della Spagna, si stima che 80 miliardi l’anno siano persi attraverso la frode fiscale. Ciononostante, le riforme fiscali recentemente approvate dal governo spagnolo dimenticano completamente la lotta contro la frode e l’evasione fiscale. Per non parlare della totale assenza di passi avanti: il ministro Cristóbal Montoro, ha annunciato che il governo incasserà 9 miliardi di euro in meno degli anni precedenti.
Terzo e ultimo, facciamo fatica a credere che la frode fiscale potrà essere efficacemente contrastata da Jean-Claude Juncker, l’attuale presidente della Commissione europea, che ha permesso questo genere di pratica nel proprio paese. Simili pratiche sono legali, ma chiaramente immorali. Così temiamo che siano lasciate in stand by proposte importanti per l’armonizzazione fiscale a livello europeo come la base imponibile consolidata comune per l’imposta sulle società (Ccctb) – che rende obbligatorio un metodo di calcolo unificato dei profitti per società che operano in diversi paesi Ue – e la pubblicazione da parte delle compagnie di rapporti sulle prestazioni Paese per Paese.
Che fare, di fronte a tutto ciò?
Ci sono direttive come la proposta Beps (Base Erosion and Profit Shifting) dell’Ocse. Questo progetto include una serie di misure per prevenire l’erosione della base fiscale, come la pianificazione fiscale aggressiva compiuta dalle grandi società che permette loro di spostare i loro guadagni in paesi con tassazione zero finendo per non pagare tasse o pagarle a livelli minimi. Iniziative politiche come queste sono cruciali nella lotta alla frode e all’evasione fiscale.
In una recente comunicazione (marzo 2015), la Commissione europea ha invitato il Consiglio ad “adottare queste proposte legislative in quanto di alta priorità politica”.
Come cittadini, è nostro compito invitare i nostri responsabili a dare la priorità al lavoro su una reale armonizzazione fiscale e alla lotta contro l’evasione. Altrimenti l’Europa continuerà a essere vittima delle sue stesse politiche.
(fonte: Europeinfos #182; traduzione italiana a cura di Eurcom)
A la fois victime et acteur de l’évasion fiscale
Il est difficile de croire que Jean-Claude Juncker, le Président actuel de la Commission européenne, va s’attaquer résolument à la fraude fiscale alors qu’il a permis ce type de pratique dans son propre pays.
En novembre dernier, le Consortium international des journalistes d’investigation a produit l’effet d’une bombe en révélant des informations connues sous le nom de #LuxLeaks, selon lesquelles des accords avaient été signés par 340 entreprises internationales avec le gouvernement luxembourgeois pour obtenir des allègements fiscaux dans ce pays. Plus spécifiquement, il s’agit d’un dispositif fiscal mis au point par le cabinet de consultants PriceWaterhouseCoopers pendant la période au cours de laquelle Jean-Claude Juncker, récemment élu à la présidence de la Commission européenne, était Premier ministre du Luxembourg. Les activités de ce cabinet réputé étaient dédiées à la vente d’une “formule” indiquant aux entreprises ce qu’elles devaient faire pour économiser le plus possible d’impôts. Grâce à cette formule, les 340 entreprises en question, parmi lesquelles des sociétés très connues comme Pepsi, IKEA et Deutsche Bank, ont réussi à ne payer en moyenne que 2% d’impôts sur leurs bénéfices, alors que le taux d’imposition nominal au Luxembourg (ce qu’elles étaient censées payer) est de 28%.
Par ailleurs, nous avons récemment découvert que McDonald’s, qui possède un siège social au Luxembourg n’employant que 13 personnes, a réussi pendant la période 2009-2013 à éviter de payer plus d’un milliard d’euros d’impôts en Europe, où il a 7.850 restaurants.
Il s’avère que le Luxembourg est le deuxième pays du monde après les Etats-Unis en termes d’investissements étrangers directs, bien qu’il ait une population de seulement 500.000 habitants. Il y a sûrement là quelque chose qui cloche ?
Mais le Luxembourg n’est qu’un cas parmi d’autres. Il faut aussi mentionner les types d’évasion fiscale mis en œuvre par des sociétés établies aux Pays-Bas ; la course au nivellement de la fiscalité vers le bas en matière de fiscalité des entreprises en Irlande ; ou encore l’utilisation des SICAV (sociétés d’investissement à capital variable) et des ETVE (entités détenant des titres étrangers), qui possèdent leur propre régime fiscal dont on peut dire qu’il est manifestement contraire à l’équité fiscale entre le capital et la main-d’oeuvre.
Que faut-il retenir de tous ces cas ?
Premièrement, il faut découvrir, rechercher et dénicher les données effectives se rapportant aux activités égoïstes des grosses sociétés et des multinationales et mettre en évidence le grand manque de solidarité qui se cache derrière un système mondial de taxation qui soutient et permet ce comportement égoïste.
Dans le cas de l’Espagne, les grandes entreprises ont vu augmenter leurs bénéfices de 32% entre 2007 et 2012 par rapport aux petites et moyennes entreprises (PME), alors que dans le même temps, leur contribution fiscale est paradoxalement passée de 33% du total des impôts perçus auprès des entreprises à seulement 24%. Des informations de ce type nous donnent des arguments pour contester le mantra actuel selon lequel “nous payons tous à égalité la facture de la crise”.
Deuxièmement, lors des débats et de l’approbation des budgets, on nous dit qu’il n’est pas possible d’investir davantage au niveau des politiques publiques parce que les coffres de l’Etat sont vides. Nous devons rappeler à nos dirigeants, activement comme passivement, que si nous n’avons pas de ressources en ce moment, c’est aussi en raison d’un manque de volonté politique. Les compressions budgétaires pourraient être évitées si nous récupérions tout ce qui nous échappe ou qui est dissimulé. Dans le cas de l’Espagne, on estime que 80 milliards d’euros sont perdus chaque année à cause de l’évasion fiscale.
Malgré cela, les réformes fiscales récemment approuvées par le gouvernement espagnol ont complètement négligé la lutte contre la fraude et l’évasion fiscales. Sans parler du recul des revenus : le ministre concerné, Cristóbal Montoro, a annoncé que le gouvernement percevrait 9 milliards d’euros de moins que les années précédentes.
Troisièmement, et ce sera le dernier point, nous trouvons difficile à croire que Jean-Claude Juncker, le Président actuel de la Commission européenne, va s’attaquer résolument à la fraude fiscale alors qu’il a permis, voire même encouragé, ce type de pratique dans son propre pays. Certes, ces pratiques sont légales, mais elles sont clairement immorales. Nous craignons donc la mise en veilleuse de propositions aussi importantes que l’harmonisation fiscale au niveau européen, notamment l’assiette commune consolidée pour l’impôt des sociétés (ACCIS) – qui rend obligatoire l’emploi d’une méthode de calcul unifiée des bénéfices pour les groupes consolidés qui opèrent dans divers pays de l’Union européenne – ou la publication par les entreprises de rapports de performances, pays par pays.
Que pouvons-nous faire devant cette situation ?
Il existe des Directives telles que le projet BEPS de l’OCDE (érosion de la base d’imposition et transfert de bénéfices). Ce projet comporte une série de mesures visant à prévenir l’érosion de la base d’imposition : en d’autres termes, la planification fiscale agressive effectuée par de grandes entreprises, qui leur permet de transférer leurs bénéfices vers des pays à fiscalité nulle et de ne payer en définitive que très peu d’impôts, voire aucun. Des initiatives politiques telles que celle-ci sont d’une importance cruciale dans la lutte contre la fraude et l’évasion fiscales.
Dans une Communication récente, datant de mars 2015, la Commission européenne invite le Conseil à “adopter les propositions législatives présentées en tant que priorité politique de première importance”.
C’est à nous, comme citoyens, de demander à nos dirigeants de donner la priorité au travail portant sur une véritable harmonisation fiscale et sur la lutte contre la fraude et l’évasion fiscales. Faute de quoi l’Europe continuera d’être à la fois victime et acteur de ses propres politiques.
(source: Europeinfos #182)
Sowohl Opfer als auch Täter von Steuerhinterziehung
Es fällt schwer zu glauben, dass das Problem der Steuerhinterziehung vom amtierenden Präsidenten der Europäischen Kommission Jean-Claude Juncker, der für derartige Steuerpraktiken in seinem eigenen Land mitverantwortlich war, entschlossen angepackt werden wird.
Im November 2014 ließ das Internationale Konsortium Investigativer Journalisten (International Consortium of Investigative Journalists, ICIJ) eine Bombe platzen, die als LuxLeaks-Affaire bekannt wurde: Das Recherchenetzwerk hatte offengelegt, dass 340 internationale Unternehmen Vereinbarungen mit Luxemburger Behörden unterzeichnet hatten, um im Großherzogtum in den Genuss von Steuervergünstigungen zu kommen. Hierbei handelte es sich insbesondere um Steuervereinbarungen, die vom Beratungsunternehmen PriceWaterhouseCoopers (PwC) zu jener Zeit ausgearbeitet wurden, als der kürzlich gewählte EU-Kommissionspräsident Jean-Claude Juncker luxemburgischer Premierminister war. Diese renommierte Beratungsfirma verkaufte „Rezepte“, die den Unternehmen erläuterten, was sie tun müssten, um möglichst viele Steuern zu sparen. Dank dieser „Rezepte“ gelang es den 340 Unternehmen, darunter Top-Konzernen wie Pepsi, IKEA und der Deutschen Bank, durchschnittlich nur 2% an Ertragssteuern zu zahlen, obwohl der nominale Steuersatz (das, was sie eigentlich hätten bezahlen müssen) in Luxemburg bei 28% liegt.
Vor kurzem wurde bekannt, dass es Mc Donald’s schaffte, mit Hilfe einer Tochtergesellschaft in Luxemburg, in der lediglich 13 Mitarbeiter beschäftigt waren, in den Jahren 2009 bis 2013 die Zahlung von mehr als einer Milliarde Euro Steuern in ganz Europa, wo der Konzern 7850 Schnellrestaurants betreibt, zu umgehen.
Es hat sich herausgestellt, dass Luxemburg bei ausländischen Direktinvestitionen weltweit auf Platz 2 hinter den USA rangiert, obwohl das Großherzogtum nur rund 500 000 Einwohner hat. Da kann doch irgendetwas nicht mit rechten Dingen zugehen.
Luxemburg ist kein Einzelfall. Man denke beispielsweise an Steuervermeidungsmodelle, wie sie von in den Niederlanden ansässigen Unternehmen praktiziert werden, oder an die drastische Senkung der Körperschaftssteuer in Irland. Zu erwähnen ist ferner ist Gründung von SICAVs (sociétés d’investissement à capital variable, Investmentgesellschaften mit variablem Grundkapital) und ETVEs (Entidades de Tenencia de Valores Extranjeros; Holdings, die sich ausschließlich mit der Verwaltung von im Ausland angesiedelten Gesellschaften beschäftigen), für die besondere Steuerregelungen gelten, , die eindeutig dem Prinzip der Gleichbehandlung von Kapital und Arbeit bei der Besteuerung widersprechen.
Was können wir aus all diesen Fällen lernen?
Zunächst einmal müssen wir gründlich recherchieren; wir müssen alle Fakten ermitteln und offenlegen, die die egoistischen Praktiken großer Unternehmen und multinationaler Konzerne belegen und die fehlende Solidarität verdeutlichen, die sich hinter einem globalen Steuersystem, das solch ein selbstsüchtiges Verhalten ermöglicht und fördert, verbirgt.
In Spanien konnten zwischen 2007 und 2012 Großunternehmen ihre Gewinne um 32% im Vergleich zu kleinen und mittleren Unternehmen steigern, aber interessanterweise sank ihr Anteil an den gesamten Körperschaftssteuereinnahmen von 33% auf nur noch 24%. Solche Fakten liefern uns Argumente, mit denen wir das Mantra „Wir zahlen alle gleich viel für die Krise” widerlegen können.
Zweitens, wenn es um Haushaltsdebatten und -verabschiedungen geht, müssen wir uns regelmäßig anhören, dass die Kassen leer sind und daher kein Geld mehr für öffentliche Ausgaben zur Verfügung steht. Wir müssen unsere politischen Entscheidungsträger – sowohl aktiv als auch passiv – daran erinnern, dass die aktuelle Haushaltsknappheit auch im mangelnden politischen Willen begründet ist. Finanzielle Einschnitte wären vermeidbar, wenn wir über all das Geld verfügen könnten, das weggeschafft oder vor uns versteckt wird. So gehen dem spanischen Staat jedes Jahr schätzungsweise 80 Milliarden Euro durch Steuerhinterziehung verloren.
Und dennoch lässt die erst kürzlich von der spanischen Regierung beschlossene Steuerreform die Bekämpfung von Steuerbetrug und Steuerflucht außer Acht – und dies trotz einer anhaltend schlechten Finanzlage in Spanien. So verkündete der verantwortliche Minister, Cristóbal Montoro, dass die Regierung 9 Milliarden Euro weniger als in den Vorjahren einnehmen würde.
Drittens und abschließend muss gesagt werden, dass es uns schwer fällt zu glauben, dass das Problem der Steuerhinterziehung vom amtierenden EU-Kommissionspräsidenten Jean-Claude Juncker, der diese Praxis in seinem eigenen Land nicht nur ermöglichte, sondern sogar förderte, entschlossen angepackt werden wird. Steuerkonstrukte wie in Luxemburg mögen zwar rechtmäßig sein, sie sind aber definitiv unmoralisch. Daher fürchten wir, dass Vorschläge wie die Schaffung einer Gemeinsamen Konsolidierten Körperschaftsteuer-Bemessungsgrundlage (GKKB) – eines einheitlichen Verfahrens zur Berechnung des Gewinns von Unternehmensgruppen, die in mehr als einem EU-Mitgliedstaat tätig sind – und die Veröffentlichung einer nach Ländern aufgeteilten Rechenschaftslegung internationaler Unternehmen nun erst einmal auf die lange Bank geschoben werden; beides wäre aber für eine Steuerharmonisierung in der EU wichtig.
Was können wir nun tun?
Es gibt Initiativen wie der von der OECD ins Leben gerufene BEPS-Aktionsplan (Action Plan on Base Erosion and Profit Shifting). Dieses Projekt umfasst eine Reihe von Maßnahmen, die darauf abzielen, die Aushöhlung der Steuerbemessungsgrundlage zu verhindern – in anderen Worten, aggressiven Steuerpraktiken von Großkonzernen, die ihre Gewinne in Länder mit einen Steuersatz von 0% verlagern und dadurch keine oder nur geringe Steuern zahlen, einen Riegel vorzuschieben. Politische Initiativen wie diese sind im Kampf gegen Steuerbetrug und Steuerflucht unabdingbar.
In einer im März 2015 veröffentlichen Mitteilung fordert die Europäische Kommission „den Rat auf, den Legislativvorschlägen zur Steuertransparenz politische Priorität einzuräumen und sie anzunehmen.“
Uns Bürgerinnen und Bürgern obliegt es nun, von unseren politischen Entscheidungsträgern einzufordern, eine echte Steuerharmonisierung und die Bekämpfung von Steuerhinterziehung und -vermeidung zu vorrangigen Zielen ihrer Arbeit zu machen. Anderenfalls wird Europa auch weiterhin zugleich Opfer und Täter seiner eigenen Politik sein.
(quelle: Europeinfos #182)
Xavier Casanovas
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- Both victim and executor of tax evasion - 7 maggio 2015