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    The European Council held on 25-26 June 2015, invited Federica Mogherini to submit a draft Eu global strategy on foreign and security policy within the next twelve months.

    The Mogherini proposal is designed to replace the 2003 European Security Strategy, long past its sell-by date. Heads of State and Government also mooted a vaguer idea of creating a future defence research and technology programme at the horizon of 2020. That was the extent of their creative thinking on this issue of vital importance.

    The European Council obfuscation is regrettable as across Europe for more than 20 years a consensus has emerged in favour of a common security and defence policy. The latest Eurobarometer on this issue in autumn 2014 showed 76% of Eu citizens in favour of it. Political support has also been on the rise recently. In March, President of the European Commission, Jean-Claude Juncker, called for the creation of a European Army; and the European Parliament voted several supportive resolutions in May.

    The intellectual groundwork for a better integrated and more effective Common Security and Defence policy has been laid by numerous academic works and think tank reports. Of the latter, two were particularly important and direct: “More Union in European Defence”, a report by a task force of the Centre for European Policy Studies (Ceps) and “In Defence of Europe”, a strategic note from the European Political Strategy Centre.

    ”More Union in European Defence”

    “More Union in European Defence”, the report published in February by a task force headed by former Eu High Representative Javier Solana and former Nato Secretary General Jaap de Hoop Scheffer is the first which merits attention. It argues that an arc of instability surrounding the Eu, diminished defence budgets and a shift of the world’s economic centre of gravity to Asia would require “bold steps in European defence integration” with the goal of creating a European Defence Union (Edu). In order to complement Nato in the case of an attack on Eu territory and to execute the so-called ‘Petersberg tasks’, including peace enforcement and post-conflict stabilization, in its strategic neighbourhood, the Eu should target “capacity in deterring and countering conventional and hybrid warfare…[and] political and military autonomy to conduct intervention operations in order to respond to or deter crisis.”

    Instead of waiting for twenty eight member states advancing together the report recommends making use of Article 46 of the Treaty of the European Union (Teu). This article allows a group of member states to ask for the creation of a permanent structured cooperation (Pesco). A decision on setting up Pesco will be taken by qualified majority in the Council. Other recommendations of the report include a biennial thematic session on Common Security and Defence Policy in the European Council, an upgrading of the European Parliament subcommittee for Security and Defence, the creation of permanent EU military headquarters in Brussels and the introduction of a ’European semester’ for defence planning and expenditure of member states in order to increase mutual transparency.

    In Defence of Europe”

    The second publication is the EPSC Strategic note, “In Defence of Europe”, and it was conceived in cooperation with Michel Barnier, the special adviser on Common Security and Defence Policy to President Jean–Claude Juncker, and published on 15 June. The report makes a special case in respect of waste and shortfalls in European defence budgets. Thus, the combined military spending of Eu countries over the past ten years has decreased by 9% to 210 bn € whilst China’s military budget has grown by 167% over the same period to reach its current level of 163bn €. Because of its lack of integration in defence, Eu-28 uses one hundred and fifty four different types of weapon, where the Us uses nine types.

    In order to operate a change of paradigm “in line with exponential increase in global threats and the volatility of our neighbourhood”, the Note also recommends making full use of the Lisbon Treaty’s potential with the possibility of using Pesco under Article 46 Teu. It should be stressed that a permanent structured cooperation (Pesco) is created on a strictly voluntary basis and that other member states can join the initial group at any time.

    Despite the convincing arguments of the above mentioned high level reports and the political support of leading Eu figures, the June European Council failed in providing Europe with the collective leadership needed to strengthen the Common Security and Defence Policy. The proposal for creating a European Defence Union and to focus especially on setting up a permanent structured cooperation (Pesco) under Article 46 Teu is an idea coherent with the understanding of these issues at the heart of Justice & Peace Europe and deserves support.

    La proposta Mogherini è destinata a sostituire la strategia europea per la sicurezza del 2003, che comincia davvero a essere datata. I capi di Stato e di governo hanno anche suggerito, in maniera più sfumata, di definire un programma di ricerca e tecnologia nel settore della difesa guardando in prospettiva al 2020. Questa è la portata della loro creatività su un argomento d’importanza vitale.

    I fuochi fatui del Consiglio europeo sono tanto più deplorevoli dal momento che dopo vent’anni è emerso in Europa un consenso a favore di una politica comune di sicurezza e di difesa. L’ultimo sondaggio Eurobarometro su questo tema, nell’autunno 2014, ha mostrato che il 76% dei cittadini europei è favorevole. Anche il sostegno politico è in aumento da qualche tempo. Nel mese di marzo, il presidente della Commissione europea, Jean-Claude Juncker, ha chiesto che si crei un esercito europeo; da parte sua, il Parlamento europeo ha votato lo scorso maggio diverse risoluzioni a sostegno.

    Le basi teoriche di una politica di sicurezza e di difesa comune meglio integrata e più efficace sono state poste da numerosi studi accademici e relazioni di gruppi di riflessione. Due di questi resoconti sono particolarmente importanti e usano un linguaggio diretto: “Un’Unione più grande per la difesa europea”, rapporto di una task force del Centro per gli studi politici europei (CEPS), e “In difesa dell’Europa”, nota strategica del Centro europeo di strategia politica (EPSC).

    “Un’Unione più grande per la difesa europea”

    Rapporto pubblicato nel febbraio scorso da una task force guidata dall’ex Alto rappresentante dell’Unione europea Javier Solana e dall’ex segretario generale della Nato Jaap de Hoop Scheffer , è il primo che merita di essere preso in esame. Il rapporto spiega che il momento congiunturale dovuto alla cerchia d’instabilità intorno all’Unione europea, la riduzione dei bilanci della difesa e lo slittamento del centro di gravità economico globale verso l’Asia richiederebbe “azioni coraggiose per l’integrazione della difesa europea”, per creare un’Unione europea della difesa (Ued). Per completare il lavoro della Nato in caso di attacco al territorio dell’Unione e per raggiungere i cosiddetti “obiettivi di Petersberg”, tra cui l’imposizione della pace e la stabilizzazione dopo un conflitto, l’Ue dovrebbe cercare, nel suo vicinato strategico, “la capacità di deterrenza e risposta rispetto a una guerra ibrida o convenzionale … [e] l’autonomia politica e militare per condurre operazioni d’intervento per rispondere a una crisi o per evitarla”.

    Invece di aspettare che i ventotto Stati membri avanzino insieme, il rapporto raccomanda di ricorrere all’articolo 46 del Trattato sull’Unione europea (Tue), che rende possibile a un gruppo di Stati membri di richiedere la creazione di una cooperazione strutturata permanente (Cps). Una decisione sulla costituzione di questa cooperazione è presa dal Consiglio a maggioranza qualificata. Tra le altre raccomandazioni della relazione, bisogna citare una sessione tematica semestrale al Consiglio europeo sulla politica di sicurezza e di difesa comune, la rivalutazione della sottocommissione “sicurezza e difesa” del Parlamento europeo, la creazione di un quartier generale permanente dell’Ue a Bruxelles e la costituzione di un “semestre europeo” per la pianificazione e le spese degli Stati membri in materia di difesa, al fine di aumentare la trasparenza reciproca.

    “In difesa dell’Europa”

    La seconda pubblicazione, uscita il 15 giugno scorso, è la nota strategica dell’Epsc. “In difesa dell’Europa” è stata pensata in collaborazione con Michel Barnier, consigliere speciale del presidente Jean-Claude Juncker per la politica di Sicurezza e difesa comune. Il rapporto presta particolare attenzione agli sprechi e alle carenze dei bilanci della difesa in Europa. Così le spese militari dei Paesi dell’Unione europea negli ultimi dieci anni sono diminuite del 9% e si sono assestate sui 210 miliardi di euro, mentre il bilancio militare della Cina è aumentato del 167% durante lo stesso periodo per raggiungere il livello attuale di 163 miliardi di euro. A causa della sua mancanza d’integrazione nella difesa, l’UE dei 28 utilizza 154 tipi di armi, mentre gli Stati Uniti ne utilizzano nove tipi.

    Per operare un cambiamento di paradigma “adeguato alla crescita esponenziale delle minacce globali e all’instabilità nel nostro vicinato”, anche la nota raccomanda di sfruttare al massimo il potenziale del Trattato di Lisbona, facendo uso della facoltà di ricorrere alla cooperazione strutturata permanente in riferimento all’articolo 46 del Trattato. Va sottolineato che questa collaborazione è creata su base strettamente volontaria e che altri Stati membri possono aderire al gruppo originale in qualsiasi momento.

    Nonostante gli argomenti convincenti formulati negli importanti rapporti di cui sopra e il sostegno politico di grandi personalità europee, il Consiglio europeo di giugno non è riuscito a fornire la leadership collettiva di cui l’Europa ha bisogno per rafforzare la politica di sicurezza e di difesa comune. La proposta di creare un’Unione europea di difesa e concentrarsi in particolare sulla creazione di una cooperazione strutturata permanente nel senso dell’articolo 46 del Trattato dell’Unione europea è un’idea del tutto coerente con il modo in cui Giustizia e Pace Europa affronta questi temi che sono al centro del suo lavoro. La proposta merita di essere sostenuta.


    La relance d’une politique de sécurité et de défense

    La proposition Mogherini est destinée à remplacer la stratégie européenne de 2003 en matière de sécurité, qui commence sérieusement à dater. Les chefs d’Etat et de gouvernement ont également suggéré, de manière plus floue, de mettre sur pied un programme de recherche et de technologie dans le domaine de la défense à l’horizon 2020. Voilà l’étendue de leur créativité sur ce sujet d’importance vitale.

    Les faux-fuyants du Conseil européen sont d’autant plus regrettables qu’un consensus s’est dégagé dans toute l’Europe depuis une vingtaine d’années en faveur d’une politique de sécurité et de défense commune. Le dernier Eurobaromètre à ce sujet, à l’automne 2014, a montré que 76% des citoyens de l’Union y sont favorables. Le soutien d’ordre politique est également en hausse depuis quelque temps. En mars, le Président de la Commission européenne, Jean-Claude Juncker, a appelé de ses vœux la création d’une armée européenne ; de son côté, le Parlement européen a voté plusieurs résolutions de soutien en mai dernier.

    Les fondements intellectuels d’une politique de sécurité et de défense commune qui soit mieux intégrée et plus efficace ont été posés par de nombreux travaux universitaires et rapports de groupes de réflexion. Deux de ces rapports sont particulièrement importants et adoptent un langage direct : “Une plus grande union pour la défense européenne”, un rapport réalisé par une task force du Centre d’études politiques européennes (Ceps), et “En défense de l’Europe”, une Note stratégique du Centre européen de stratégie politique (Epsc).

    “Une plus grande Union pour la défense européenne”

    “Une plus grande Union pour la défense européenne”, le rapport publié en février dernier par une task force dirigée par l’ancien Haut Représentant de l’Union européenne Javier Solana et par l’ancien Secrétaire Général de l’Otan Jaap de Hoop Scheffer, est le premier qui mérite d’être examiné. Ce rapport explique que la conjonction entre un arc d’instabilité autour de l’Union européenne, la diminution des budgets de la défense et le glissement du centre mondial de gravité économique vers l’Asie nécessiterait “des mesures audacieuses concernant l’intégration de la défense européenne”, en vue de créer une Union européenne de la défense (Ued). Afin de compléter l’action de l’Otan en cas d’attaque du territoire de l’Union et d’accomplir ce que l’on appelle les “missions de Petersberg”, notamment l’imposition de la paix et la stabilisation après un conflit, l’Union européenne devrait viser, dans son voisinage stratégique, “la capacité de dissuasion et de riposte vis-à-vis d’une guerre hybride ou conventionnelle … [et] l’autonomie politique et militaire de conduire des opérations d’intervention afin de réagir à une crise ou de l’éviter”.

    Au lieu d’attendre que les vingt-huit Etats membres avancent ensemble, le rapport recommande de recourir à l’article 46 du Traité de l’Union européenne (Tue). Cet article permet en effet à un groupe d’Etats membres de demander la création d’une coopération structurée permanente (Csp). Une décision portant sur l’établissement de cette coopération est prise par le Conseil à la majorité qualifiée. Parmi les autres recommandations du rapport, il faut mentionner une session thématique bisannuelle au Conseil européen sur la politique de sécurité et de défense commune, la revalorisation de la sous-commission “sécurité et défense” du Parlement européen, la création d’un quartier général militaire permanent de l’Union européenne à Bruxelles et la mise en place d’un “Semestre européen” pour la planification et les dépenses des Etats membres en matière de défense en vue d’accroître la transparence mutuelle.

    “En défense de l’Europe”

    La seconde publication, sortie le 15 juin dernier, est la Note stratégique de l’Epsc intitulée “En défense de l’Europe”, qui a été conçue en coopération avec Michel Barnier, le conseiller spécial du Président Jean-Claude Juncker pour la politique de sécurité et de défense commune. Ce rapport s’attache tout particulièrement au gaspillage et aux lacunes des budgets de la défense en Europe. C’est ainsi que les dépenses militaires des pays de l’Union européenne au cours de ces dix dernières années ont diminué de 9% au total pour atteindre 210 milliards d’euros, alors que le budget militaire de la Chine a augmenté de 167% au cours de la même période pour atteindre son niveau actuel de 163 milliards d’euros. En raison de son manque d’intégration en matière de défense, l’Ue-28 utilise cent cinquante-quatre types d’armes, tandis que les Etats-Unis en utilisent neuf types.

    Pour opérer un changement de paradigme “à la mesure de l’augmentation exponentielle des menaces globales et de l’instabilité de notre voisinage”, la Note recommande aussi d’exploiter au maximum le potentiel du Traité de Lisbonne, en se servant de la possibilité de recourir à une coopération structurée permanente au titre de l’article 46 Tue. Il faut souligner que cette coopération est créée de façon strictement volontaire et que d’autres Etats membres peuvent se joindre au groupe initial à n’importe quel moment.

    En dépit des arguments convaincants formulés dans les rapports de haut niveau susmentionnés et du soutien politique de grandes personnalités européennes, le Conseil européen de juin n’a pas réussi à doter l’Europe du leadership collectif dont elle a besoin pour renforcer la politique de sécurité et de défense commune. La proposition de créer une Union européenne de la défense et de se concentrer tout particulièrement sur l’établissement d’une coopération structurée permanente au titre de l’article 46 Tue est une idée tout à fait cohérente avec la façon dont Justice & Paix Europe comprend ces questions, qui sont au cœur de son travail. La proposition mérite d’être soutenue.

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