September 2010 through February 2011, I had the good fortune to take part in the Erasmus program during the first semester of my third year at the University of Pavia. The proposal had been launched by a classmate who wanted to open this way also for our course of study (Treatment of Neuro- and Psychomotility of Development Age), so I accepted her invitation to go abroad and to some extent also to be a pioneer for those who would come after us!
Destination: Paris. There, in fact, after a long history of interdisciplinary reflection, a few decades ago our profession of rehabilitators for children came about; in addition, Paris is undoubtedly a place full of charm from many points of view.
It lasted only a few months, but they have been very dense both in terms of university work and from the personal and relational point of view… working in a context which was very different than the Italian one, immersing into another language, another culture (similar to the Italian culture but still another culture), another scene of cultural opportunities, another horizon of life, has been really a valuable opportunity for an important personal and professional growth.
The relationships I built, both with French comrades and with the other Erasmus students, have been a driving factor for personal and shared reflections, new experiences, enriching dialogue, new questions, perspectives which had not been previously considered, but they have also helped me in a short time to feel substantially “at home” and not alone. These encounters, in fact, were the source of an infinite number of features that have so much enriched this ‘parenthesis of life’!
Paris was also my first opportunity to become aware of being a European citizen: the fact of living a few months in the status of an ‘Erasmus student’ – protected by international agreements – did not make me feel as a foreigner, on the contrary I felt protected and welcomed. Furthermore, the fact of getting to know faces, lives, and stories of many other Europeans, but also non-Europeans, has reinforced our common awareness that we were not only students who meet and mingle for a while in one of the many European cities, different than our own city, but we were part of something bigger, a dream that someone had intensely dreamed before us, a dream of which – to a certain extent – our experience was a juicy fruit!
Back in Italy, after a time of readjustment which is typical of this kind of strong experiences, I am not sure if something has changed in my daily life as far as this European dimension is concerned, but certainly now I have in my luggage, even a long time after returning home, a much greater awareness vis-à-vis the European issues. In the past, I would have wondered if it was worth going back home “only for the purpose of voting in the European elections”; this time, instead, I wondered if I was informed enough to vote knowingly in the European elections…
There is a long way to go before we can truly live in Europe in the right state of mind, but certainly the Erasmus experience can make a tangible contribution to train young people in this direction!
Da settembre 2010 a febbraio 2011 ho avuto la fortuna di partecipare al programma Erasmus durante il primo semestre del mio terzo anno all’Università degli studi di Pavia. La proposta mi era stata lanciata da una compagna di corso che aveva voglia di aprire questa strada anche per il nostro percorso di studi (Terapia della neuro e psicomotricità dell’età evolutiva), così ho colto il suo invito a partire e a farmi in certa misura anche pioniera per chi sarebbe venuto dopo di noi!
Meta scelta: Parigi. Lì infatti, dopo una lunga storia di riflessione interdisciplinare, nacque qualche decennio fa la nostra professione di riabilitatori per l’infanzia; poi la città stessa è indubbiamente un luogo pieno di fascino sotto molti punti di vista.
Non più di una manciata di mesi, ma molto densi sia dal punto di vista universitario sia da quello personale e relazionale… sperimentarsi in un contesto altro da quello italiano, immergersi in un’altra lingua, un’altra cultura (che, per quanto simile a quella italiana, resta comunque altra), un altro panorama di opportunità culturali, un altro orizzonte di vita è stata occasione davvero preziosa per una crescita personale e professionale non indifferenti.
Le relazioni costruite, sia con i compagni francesi sia con gli altri studenti Erasmus, sono state perno per riflessioni personali e condivise, nuove esperienze, confronti arricchenti, domande nuove, prospettive non precedentemente considerate, ma sono anche state aiuto e compagnia per sentirmi sostanzialmente “a casa” in breve tempo. Gli incontri insomma sono stati fonte di un’infinità di sfaccettature che hanno reso davvero ricca questa parentesi di vita!
Parigi è stata anche per me prima occasione per sentirmi cittadina europea: vivere qualche mese in uno status, quello di “studente Erasmus”, protetto per così dire da accordi internazionali non mi ha fatto sentire straniera, ma tutelata e fondamentalmente accolta. Incontrare poi fattivamente volti, vite e storie di altri europei, ma anche extra europei, ha dato vita e messo in circolo la consapevolezza che non eravamo solo studenti che s’incrociano e si mescolano per qualche tempo in una non meglio definita città, diversa dalla propria, ma che eravamo parte di qualcosa di più grande, di un sogno che qualcuno aveva sognato forte prima di noi e del quale in certa misura la nostra esperienza era un frutto succoso!
Rientrata in Italia, dopo un tempo di riassestamento tipico delle esperienze forti, non so se posso dire di aver cambiato qualcosa nel mio vivere quotidiano rispetto a questa dimensione europea, ma certamente ho ritrovato in valigia, anche a distanza di tempo dal rientro, una consapevolezza personale maggiore rispetto alla portata dei temi che riguardano l’Europa; un tempo mi sarei chiesta se valesse la pena tornare a casa “solo per votare alle europee”, questa volta mi sono chiesta se mi ero informata a sufficienza per votare consapevolmente alle europee… C’è molta strada da fare per abitare davvero quest’Europa con lo spirito giusto, ma di certo l’esperienza Erasmus può contribuire concretamente alla formazione di noi giovani in questo senso!
Anna Franzini
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- Opening a parenthesis of life - 6 settembre 2014