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    Should the Greek debt be cancelled completely or partially? According to anthropologists, the answer is no, because debt is the most fundamental of social ties. Any cancellation, even partial, would only prop up the inadequate public management and negligence of successive Greek governments. It would be a slap in the face for countries such as Ireland, Portugal and Spain which have battled courageously to rebuild the competitiveness of their economies.  What is more, this would be somewhat of an insult to the Greeks, placing them in the category of irresponsible nations.  The creditors, of course, are also partly responsible for this situation. By granting more time to Greece they took a risk – which today seems like a bad choice. The blame, if any, is to be shared. But these days, without bad faith, the lending countries should not be criticised for having accepted the risk to lend to a legitimate government that had applied to them. (So this rules out the idea of “odious debt”).

    To the question “Should the Greek debt burden be eased?” economists reply in favour. Servicing the debt (repayments and interest) drain a huge part of the Greek productive economy. As a result, Greece is sinking into a quagmire; it has already lost about a quarter of its productive effort, despite the indicators of these past few months apparently confirming that stabilisation is trending slightly upwards. The debt itself blocks any return to viable growth.

    To the question of whether or not to relieve the burden of Greek debt, anthropologists say “No”, economists say “Yes” and moralists say “Maybe”. On the one hand, living together at the European level requires that debtors should be made to confront their responsibilities. Greece must show that it is capable of pulling itself together, that it “has credibility”. Since the criterion here is economic performance, public management focusing on Greece’s global productivity is the only way to restore financial credibility based on confidence. In that sense, the creditors of Athens are right – and it is even their duty – to continue to call for structural reforms in Greece.

    There is an intergenerational point of view that develops a new perspective of the financial diktat. We cannot give back to previous generations the efforts whose results benefit us today. One line of argument, completely altruistic, encourages us to act likewise to the advantage of future generations. That means there must be a softening of the arguments playing on “the burden that the debt places upon future generations”. Because naturally the future generations will inherit not just the debt but also the corresponding creditors. On this point the political dimension of the problem of the Greek debt has also to be considered.

    To the question “Should the Greek debt be cancelled, completely or partially?” politicians  couch their response in terms of solidarity. If the Greek debt were held entirely by Greeks, a judicious national fiscal policy would suffice to redirect the debt servicing towards purposes that would suit Greek interests. This national solidarity is rendered inoperative as the important part of the Greek debt is held abroad (essentially by Germany and France). This fact makes debt servicing a net drain on the Greek economy.

    Yet supposing solidarity were maintained within the framework of the European area rather than confined to the national setting, then the same logic would lead us to draw a different conclusion. The situation here is similar to the pooling of risks practised in sectors such as car accidents. In the insurance system, broadly speaking the good drivers pay for the bad drivers; this still does not remove the need for strict rules which are designed to limit road accidents. Does Greece’s debt cause Europe to query the adequacy of its solidarity, taking into account the sensitivities of public opinions voiced at European level? How does it operate? Under what conditions?

    In answer to the legitimate mistrust of European taxpayers (who will in the end be paying for any easing of the Greek debt), this solidarity could follow different routes to the one where cash is paid over the counter, in other words without any controls. Financing in the form of direct aid through concrete projects is without any doubt less wasteful of European funds when working towards greater prosperity for Greece.

    (source: Europeinfos #180)

    Dovremmo cancellare, totalmente o in parte, il debito greco? L’antropologia dice di no; perché il debito è il più fondamentale dei legami sociali. La cancellazione, anche parziale, condonerebbe la cattiva gestione pubblica e l’incuria dei governanti greci. Inoltre, sarebbe un’ingiustizia verso i paesi, tra cui l’Irlanda, il Portogallo, la Spagna, che hanno compiuto uno sforzo coraggioso per ripristinare la competitività delle loro economie. Senza contare che sarebbe spregiativo nei confronti dei Greci, perché li porrebbe nella categoria delle persone irresponsabili. Certo, i creditori hanno la loro parte di responsabilità. Dando tempo alla Grecia, si sono assunti un rischio … che si rivela oggi sbagliato. La colpa, se di colpa si tratta, è quindi condivisa. Ma non è possibile oggi, senza malafede, rimproverare i paesi creditori di essersi assunti il rischio di fare credito a un governo legittimo che si rivolgeva a loro (cosa che esclude la nozione di “debito odioso”).

    Alla domanda “bisogna ridurre il debito della Grecia?” l’economia risponde di sì. Il servizio del debito (rimborso e interessi) drena una parte importante dello sforzo produttivo greco. Così la Grecia sprofonda nella crisi; ha già perso quasi un quarto del suo potenziale produttivo, nonostante gli indicatori negli ultimi mesi sembrino mostrare una stabilizzazione leggermente positiva. Il debito è tale da impedire un ritorno a una crescita vitale.

    Alla domanda sulla riduzione del debito greco, l’antropologia risponde di no, l’economia risponde di sì, la morale risponde “forse”. Da un lato, la convivenza europea impone che il debitore sia posto di fronte alle proprie responsabilità. La Grecia deve dimostrare che è in grado di riprendersi, che è “credibile”. Poiché il criterio qui è la performance economica, una gestione pubblica orientata verso la produttività globale della Grecia è l’unico modo per ripristinare la credibilità finanziaria basata sulla fiducia. In questo senso, i creditori di Atene hanno ragione – ed è anche il loro dovere – a continuare a chiedere riforme strutturali in Grecia.

    Una prospettiva intergenerazionale relativizza il diktat finanziario. Non possiamo restituire alle generazioni passate gli sforzi di cui noi godiamo oggi. Una logica, del tutto spirituale, vuole che noi facciamo lo stesso a favore delle generazioni future. Di conseguenza, bisogna ridimensionare l’argomentazione che gioca sul “peso che il debito rappresenta per le future generazioni”. Perché le generazioni future erediteranno certamente il debito, ma anche i crediti corrispondenti. Su questo punto s’innesta la dimensione politica del problema del debito greco.

    Alla domanda “bisogna cancellare, totalmente o in parte, il debito della Grecia?”, la politica risponde in effetti in termini di solidarietà. Se il debito greco fosse interamente a carico dei greci, una politica fiscale nazionale giudiziosa sarebbe sufficiente a riorientare il servizio al debito verso usi conformi agli interessi greci. Questa solidarietà nazionale non funziona dal momento che la maggior parte del debito greco è detenuto da stranieri  (soprattutto lo stato tedesco e francese). Cosa che rende il servizio al debito un drenaggio radicale dell’economia greca.

    Ma se la solidarietà s’iscrive non nel quadro nazionale, bensì nello spazio europeo, allora la medesima logica conduce a una conclusione differente. La situazione qui è simile alla mutualizzazione dei rischi praticati nel caso, per esempio, degli incidenti automobilistici. Nel sistema delle assicurazioni, i bravi automobilisti pagano molto per quelli indisciplinati. Cosa che non toglie nulla alla necessità di regole vincolanti per limitare gli incidenti della strada. Il debito della Grecia pone l’Europa di fronte alla domanda del livello adeguato di solidarietà, tenuto conto della suscettibilità delle opinioni pubbliche europee? Come la si organizza? A quali condizioni ?

    Per rispondere ai legittimi sospetti dei contribuenti europei, che alla fine pagheranno qualsiasi riduzione del debito greco, questa solidarietà potrebbe prendere altre strade anziché quella che porta a pagare a rubinetto aperto, vale a dire senza controllo. Il finanziamento con progetti concreti, sotto forma di aiuti diretti, è certamente un uso meno sconsiderato dei soldi europei per una più grande prosperità della Grecia.

    (fonte: Europeinfos #180; traduzione italiana a cura di Eurcom)

    La dette grecque, la Grèce et la morale

    Faut-il annuler, totalement ou en partie, la dette grecque ? L’anthropologie répond non ; car la dette est le plus fondamental du lien social. L’annulation, même partielle, cautionnerait la mauvaise gestion publique et l’incurie des gouvernants grecs. De plus, elle serait une injustice envers les pays, dont l’Irlande, le Portugal, l’Espagne, qui ont accompli un effort courageux pour rétablir la compétitivité de leur économie. Sans compter que ce serait méprisant envers les Grecs, les rangeant dans la catégorie des peuples irresponsables. Certes, les créanciers ont leur part de responsabilité. En accordant du temps à la Grèce, ils ont pris un risque… qui se révèle aujourd’hui mauvais. La faute, si faute il y a, est donc partagée. Mais on ne peut aujourd’hui, sans mauvaise foi, reprocher aux pays créanciers d’avoir pris le risque de prêter à un gouvernement légitime qui faisait appel à eux. (Ce qui exclut la notion de « dette odieuse »).

    À la question «Faut-il alléger la dette de la Grèce ? » l’économie répond oui. Le service de la dette (remboursement et intérêts) ponctionne une part importante de l’effort productif grec. Du coup, la Grèce s’enfonce dans le marasme ; elle a perdu déjà près du quart de son potentiel productif, en dépit des indicateurs de ces derniers mois qui semblent montrer une stabilisation légèrement positive. La dette est telle qu’elle empêche le retour à une croissance viable.

    À la question de l’allègement de la dette grecque, l’anthropologie répond non, l’économie répond oui, la morale, elle, répond « peut-être ». D’une part, le vivre ensemble européen impose que le débiteur soit placé devant ses responsabilités. La Grèce doit montrer qu’elle est capable de se reprendre, qu’elle est « crédible ». Puisque le critère ici est la performance économique, une gestion publique orientée vers la productivité globale de la Grèce est la seule manière de restaurer la crédibilité financière fondée sur la confiance. En ce sens, les créanciers d’Athènes ont raison – et c’est même leur devoir – de maintenir leur appel aux réformes structurelles en Grèce.

    Une perspective intergénérationnelle relativise le diktat financier. Nous ne pouvons pas rendre aux générations passées les efforts dont nous bénéficions aujourd’hui. Une logique, toute spirituelle, veut que nous agissions de même en faveur des générations futures. Du coup, doit être nuancé l’argument qui joue sur « le poids que la dette fait peser sur les générations futures ». Car les générations futures hériteront certes, de la dette, mais aussi des créances correspondantes. Sur ce point se greffe la dimension politique du problème de la dette grecque.

    À la question : « Faut-il annuler, totalement ou en partie, la dette de la Grèce ? » la politique répond en effet en termes de solidarité. Si la dette grecque était détenue entièrement par les Grecs, une politique fiscale nationale judicieuse suffirait à réorienter le service de la dette vers des usages conformes aux intérêts grecs. Cette solidarité nationale est inopérante dès lors que l’essentiel de la dette grecque est détenue par des étrangers (essentiellement les États allemand et français). Ce qui fait du service de la dette une ponction nette sur l’économie grecque.

    Mais si la solidarité s’inscrit non pas dans le cadre national mais dans le cadre de l’espace européen, alors la même logique conduit à une conclusion différente. La situation est ici semblable à la mutualisation des risques pratiquée dans le cas, par exemple, des accidents de voiture. Dans le système d’assurance, les bons conducteurs paient largement pour les mauvais. Ce qui n’enlève rien à la nécessité de règlements contraignants qui visent à limiter les accidents de la route. La dette de la Grèce conduit l’Europe devant la question du niveau adéquat de solidarité, compte tenu de la susceptibilité des opinions publiques européennes ? Comment l’organise-t-on ? À quelles conditions ?

    Pour répondre aux suspicions légitimes des contribuables européens qui finalement paieront tout allègement de la dette grecque, cette solidarité pourrait prendre d’autres voies que celle qui consiste à payer à guichet ouvert, c’est-à-dire sans contrôle. Le financement par projets concrets, sous la forme d’aides directes, est sans aucun doute moins gaspilleur des deniers européens, pour une plus grande prospérité de la Grèce.

    (source: Europeinfos #180)


    Die hellenischen Schulden, Griechenland und die Moral

    Sollte man den Griechen die Schulden oder ein Teil ihrer Schulden erlassen? Die Anthropologie sagt Nein, denn die Schulden sind ein entscheidender Bestandteil des sozialen Zusammenhalts. Bereits ein Teilerlass der Schulden würde weiterem öffentlichem Missmanagement und Nachlässigkeit der griechischen Regierung Vorschub leisten. Zudem wäre dies ungerecht gegenüber Irland, Portugal oder Spanien, die enorme Anstrengungen unternommen haben, damit ihre Wirtschaft wieder wettbewerbsfähig wird. Es wäre auch ein Zeichen von Geringschätzung gegenüber den Griechen, die man mit einem solchen Schritt als verantwortungslos brandmarken würde. Sicherlich tragen die Gläubiger einen Teil der Verantwortung: Indem sie Griechenland Zeit eingeräumt haben, sind sie ein Risiko eingegangen, das sich heute als Fehler erweist. Die Schuld, wenn man von Schuld sprechen kann, liegt also auf beiden Seiten. Es wäre jedoch böswillig, den Gläubigerländern vorzuwerfen, das Risiko eingegangen zu sein, einer rechtmäßig gewählten Regierung, die sich an sie gewendet hat, Geld zu leihen (was den Begriff der sogenannten „schändlichen Schulden“ ausschließt.)

    Die Wirtschaft dagegen beantwortet die Frage nach einem Schuldenerlass mit Ja. Die Bedienung der Schulden (Rückzahlung und Zinsen) schöpft einen wichtigen Teil der griechischen Wirtschaftskraft ab. Dies führt das Land in den wirtschaftlichen Abgrund. Trotz vielversprechender Indikatoren, die in den vergangenen Monaten eine leichte Stabilisierung anzeigten, hat Griechenland bereits rund ein Viertel seines Produktionspotenzials eingebüßt. Die hohe Schuldenlast macht ein nachhaltiges Wirtschaftswachstum unmöglich.

    Auf die Frage nach Schuldenerleichterungen antwortet die Anthropologie also mit Nein, die Wirtschaft mit Ja und die Moral sagt „Vielleicht“. Einerseits fordert das Zusammenleben in Europa, dass die Schuldner ihre Verantwortung tragen. Griechenland muss zeigen, dass es fähig ist, wieder Fuß zu fassen, dass es „glaubwürdig“ ist. Da es letzten Endes allein auf die Wirtschaftsleistung ankommt, ist eine auf Gesamtproduktivität ausgerichtete Regierungsführung die einzige Möglichkeit, die finanzielle Glaubwürdigkeit des Landes wiederherzustellen. Die Gläubiger Athens haben folglich Recht – und es ist sogar ihre Pflicht, – wenn sie ihre Forderung nach strukturellen Reformen in Griechenland aufrechterhalten.

    Die Generationenfrage hingegen relativiert das Finanzdiktat. Wir können den vergangenen Generationen nicht die Mühen vergelten, von denen wir heute profitieren. Eine rein spirituelle Logik verlangt, dass wir uns den zukünftigen Generationen gegenüber genauso verhalten. Somit muss das Argument, dass wir den „nachfolgenden Generationen einen Schuldenberg hinterlassen“, differenziert betrachtet werden: Zwar erben die kommenden Generationen die Schulden, doch genauso erben sie auch die entsprechenden Schuldforderungen. An diesem Punkt setzt die politische Dimension des hellenischen Schuldenproblems an.

    Auf die Frage nach einem Schuldenerlass antwortet die Politik im Sinne der Solidarität. Würden die griechischen Schuldtitel alleine von griechischen Gläubigern gehalten, würde eine vorausschauende nationale Steuerpolitik ausreichen, um die Rückzahlungen der Schulden so zu lenken, dass sie in für das Land sinnvolle Verwendungen fließen könnten. Dies funktioniert aber nicht, weil der Hauptteil der griechischen Schulden von ausländischen Gläubigern gehalten wird (im Wesentlichen von Deutschland und Frankreich). Die Bedienung der Schulden schöpft somit einen wichtigen Teil der griechischen Wirtschaftskraft ab.

    Gilt die Solidarität aber nicht für eine Nation alleine, sondern für Europa als Ganzes, führt dieselbe Logik zu einer anderen Schlussfolgerung. Die Situation ähnelt hier der Risikoverteilung, wie sie beispielsweise von Autoversicherern praktiziert wird. Im Versicherungssystem übernehmen die unfallfreien Autofahrer den Großteil der Kosten, die die schlechten Autofahrer durch Unfälle verursachen. Dies ändert allerdings nichts an der Notwendigkeit, verbindliche Regelungen zur Vermeidung von Straßenunfällen durchzusetzen. Die Schuldenkrise Griechenlands stellt Europa vor die Herausforderung, unter Berücksichtigung der empfindsamen öffentlichen Meinung in Europa das richtige Solidaritätsniveau zu finden. Wie und unter welchen Bedingungen soll die Solidarität gestaltet werden?

    Um die legitimen Vorbehalte der europäischen Steuerzahler auszuräumen, die letzten Endes für jede den Griechen gewährte Schuldenerleichterung aufkommen müssen, könnte die Solidarität so aussehen, dass statt der bisherigen vorbehaltlosen und somit unkontrollierten Zahlungen konkrete Projekte in Form von Direkthilfen finanziert würden. Diese würden zweifelsohne einen weniger verschwenderischen Umgang mit den europäischen Geldern bedeuten und Griechenland zudem mehr Wohlstand bringen.

    (quelle: Europeinfos #180)

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      Étienne Perrot sj

      Economist, Geneva (Switzerland)

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